Equo compenso: la legge 49/2023 cambia le regole dei rapporti professionali
Pubblicata in Gazzetta Ufficiale 5 maggio 2023, n. 104 la legge sull’equo compenso, Legge 21 aprile 2023, n. 49 recante "Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali", cambia alcuni elementi cardine dei rapporti tra professionisti e committenti.
Dal 20 maggio, infatti, i cosiddetti committenti “forti” devono obbligatoriamente corrispondere ai professionisti un “equo compenso”, ovvero commisurato al valore della prestazione e rafforzarne la tutela nel rapporto contrattuale con specifiche imprese, che per natura, dimensioni o fatturato, sono ritenute contraenti forti.
L’equo compenso verrà determinato applicando i parametri previsti dal regolamento contenuto nel Decreto Ministeriale Giustizia 55/2014, come modificato dal Decreto Ministeriale 147/2022.
Cosa si intende per “equo compenso”?
L’equo compenso rappresenta il riconoscimento di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti dagli ordini professionali.
Il legislatore, in relazione al bisogno di riequilibrare le retribuzioni dei professionisti nei confronti di committenti forti, mette fine ad un periodo di liberalizzazione delle tariffe iniziato nel 2006 e fa ritorno alle tariffe obbligatorie, che vengono determinate dai decreti ministeriali di competenza.
I parametri previsti dai decreti ministeriali saranno il punto di riferimento su cui si basa l’equo compenso, anche se sarà necessario fare un grande lavoro di aggiornamento. Infatti, esclusi quelli per gli avvocati, tutte le altre categorie partiranno da compensi vecchi anche di decenni.
Il compenso del professionista potrà ritenersi equo se è proporzionato ai seguenti elementi:
- Quantità e qualità del lavoro svolto;
- Contenuto e caratteristiche della prestazione professionale;
- Compensi previsti dalla disciplina ministeriale, ai sensi dei dm 140/2012 e dm 17 giugno 2016.
Per i professionisti iscritti agli Ordini e Collegi, infatti, si parla di compenso equo se conforme ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
L’obiettivo della legge è quello di evitare lo sfruttamento economico e tutelare i professionisti che prestano la loro opera professionale; in particolare l’equo compenso si applica a garanzia del professionista, che nella maggioranza dei casi, si trova in una situazione di debolezza contrattuale, per una remunerazione giusta e proporzionata al lavoro svolto.
A chi si applica l’equo compenso?
L’equo compenso si applica nell’ambito dei rapporti contrattuali tra professionisti e:
- Pubblica Amministrazione;
- Banche;
- Assicurazioni;
- Grandi aziende con oltre 50 lavoratori e più di 10 milioni di fatturato.
Stando ai dati Inps e Registro imprese incrociati con il censimento delle PA e delle partecipate sono circa 80.000 le aziende e le Pubbliche Amministrazioni per le quali l’equo compenso sarà obbligatorio verso tutti i professionisti e i consulenti; in particolare sarà obbligatorio rimanere negli intervalli di compensi indicati dai parametri, categoria per categoria, per:
- circa 27.000 le PA;
- oltre 51.000 le aziende private con soglie alte di fatturato e dipendenti.
Le disposizioni della norma si applicano agli iscritti agli Ordini e ai Collegi professionali, nonché alle professioni non riconosciute. Si concentrano sulle prestazioni professionali legate ai servizi intellettuali e alle prestazioni basate su convenzioni.
Tuttavia, va precisato che una parte delle imprese private (oltre 33.000 su un totale di sei milioni) non raggiunge la soglia dei 50 dipendenti, né quella del fatturato.
I soggetti che superano la soglia dei 50 dipendenti ed hanno anche un fatturato superiore a 10 milioni di euro sono circa 17.000 imprese private che saranno quindi obbligate a rispettare i parametri dell'equo compenso.
La nullità delle clausole
Nel caso in cui l'equo compenso non venga applicato, il professionista ha il diritto di impugnare qualsiasi accordo (come una convenzione, un contratto, l'esito di una gara, un affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari, ecc.) davanti al tribunale competente. L'obiettivo è far valere la nullità della disposizione e chiedere al tribunale di determinare il compenso in base all'attività professionale svolta.
Sono considerate nulle:
- le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera;
- le pattuizioni di compensi inferiori a quelli stabiliti dai parametri di liquidazione dei compensi previsti con decreto ministeriale (avvocati, professioni ordinistiche, professioni non ordinistiche);
- le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano anticipazione di spese, o che attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto o del servizio reso;
- le clausole o pattuizioni anche in documenti distinti dalla convenzione che: riservino al cliente la facoltà di modifica unilaterale del contratto, la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto, la facoltà di richiedere prestazioni aggiuntive gratuite, l’anticipazione delle spese al professionista o la rinuncia al rimborso, la previsione di termini di pagamento sopra i 60 giorni dalla fattura, la previsione in caso di nuovo accordo sostitutivo di applicazione dell’eventuale compenso inferiore pattuito anche agli incarichi perdenti, non ancora definiti o fatturati; la precisione che il compenso pattuito per assistenza e consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di sottoscrizione del contratto; la clausola che obbliga il professionista a corrispondere al cliente o a terzi, compensi, corrispettivi o rimborsi per l’utilizzo di software, banche dati, gestionali, servizi di assistenza tecnica, di formazione etc.
- la clausola che riconosce all’avvocato il solo minor importo previsto dalla convenzione, quando il giudice liquida al cliente le spese legali, in misura superiore al detto importo.
Il parere delle associazioni
La legge sull'equo compenso rappresenta sicuramente un traguardo importante per tutti i professionisti, dato che si propone di correggere alcune distorsioni che, dal 2006, si erano venute a creare con la liberalizzazione delle tariffe.
In particolare, c'è soddisfazione per questa norma che restituisce dignità al professionista e valorizza il suo ruolo sociale, economico e istituzionale, portando un conseguente beneficio in termini di qualità dei servizi.
L’equo compenso, tuttavia, sottopone i soggetti destinatari della sua applicazione a importanti sfide nella ridefinizione delle politiche di acquisizione delle consulenze da parte dei professionisti, avvocati in primis, non potendo più fare affidamento sulle convenzioni attualmente in uso.
Media Credit Services società del gruppo BD Business Defence si propone come interlocutore per studiare le migliori soluzioni possibili a tali sfide, tra le quali la gestione del contenzioso, del recupero e della consulenza legale in genere.