Elezioni 2022: sarà quindi Giorgia Meloni la prima donna Presidente del Consiglio dei Ministri?
Il 25 settembre, oltre 46 milioni di italiani sono andati alle urne per l’elezione dei componenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Con un’affluenza del 63,8%, mai così bassa, Fratelli d’Italia è il primo partito in quasi tutta Italia con circa il 26% di voti, e ora si prepara a governare il Paese.
Le votazioni nel dettaglio
Complessivamente la coalizione composta da FdI, Lega, Fi e Noi moderati raggiunge il 44,5% dei voti, sette punti in più rispetto al 37,5% del 2018. Vince nella stragrande maggioranza dei collegi uninominali di Camera e Senato.
Il centrosinistra, composto da Pd, Alleanza Verdi Sinistra, +Europa, Impegno civico, si ferma al 26,2%, stabile rispetto al 2018. Pochi i collegi uninominali dove prevale il centrosinistra.
Il Movimento 5 Stelle, correndo da solo, ottiene il 15,2% dei voti e vince a sorpresa in oltre dieci collegi uninominali del sud, soprattutto nel napoletano, nel palermitano e a Foggia. La lista Azione-Italia Viva non presente nel 2018, ottiene il 7,7%.
Fratelli d’Italia primo partito in Italia
“Per la prima volta nella storia la destra vince le elezioni con una donna alla guida di un governo di coalizione. La legislatura che si apre è destinata a cambiare profondamente la geografia politica italiana”, afferma Francesco Verderami.
Giorgia Meloni è stata la politica italiana più citata, taggata, descritta, odiata, acclamata degli ultimi mesi. La sua campagna elettorale ha avuto come obiettivo quello di moderare la linea politica del partito per tranquillizzare chi guardava con preoccupazione la sua ascesa. Le sue posizioni, però, sono chiare e facilmente ricostruibili e ora che il risultato elettorale ha confermato la sua leadership, vediamo chi è Giorgia Meloni, la donna che guida il primo partito italiano e che potrebbe ricoprire per la prima volta l’incarico di presidente del Consiglio dei ministri, e quali sono i punti chiave del suo programma economico.
Chi è Giorgia Meloni?
Nata a Roma nel 1977 oltre a essere una politica, è anche una giornalista professionista. Dopo il diploma di Liceo Linguistico si avvicina alla politica nel 1966, quando comincia la militanza nel partito di Alleanza Nazionale in qualità di responsabile del movimento studentesco.
Diventata poi deputata nel 2006 e nel 2008 ministro della Gioventù in uno dei governi guidati da Silvio Berlusconi, approfitta del vuoto partitico nella destra per fondare nel 2012, insieme a Ignazio La Russa e Guido Crosetto, il partito di Fratelli d’Italia. Il simbolo del nuovo partito si richiama proprio a quello di Alleanza Nazionale e conserva la fiamma tricolore (verde, bianco e rosso) che faceva parte del Movimento Sociale Italiano, partito post-fascista per antonomasia.
Infine, alle elezioni politiche del 2018 Fratelli d’Italia si presenta con la coalizione di centrodestra, risultando il terzo partito dello schieramento dopo Forza Italia e Lega e ottenendo oltre il 4% dei voti. In questa legislatura diventa l’unico partito di opposizione al governo guidato da Mario Draghi, una opposizione che ha portato Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia a essere, in tutti i sondaggi, la politica e il partito più popolare in Italia.
Quali sono i punti chiave del programma economico di Fratelli d’Italia?
Nel documento programmatico presentato da FdI durante la campagna elettorale, si è parlato in termini generici di riduzione della pressione fiscale per famiglie e imprese, lavoratori autonomi, di abolizione o profonda revisione del reddito di cittadinanza e di innalzamenti delle pensioni minime sociali e di invalidità.
Non è stato specificato quali siano le coperture per tutte queste promesse, quindi bisognerà aspettare per capire quali di questi obiettivi potrà essere realizzato in modo concreto.
Di seguito i punti chiave:
- Fisco più equo: per «ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all'insegna dell'equità: riforma dell'Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare; estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100mila euro di fatturato; introduzione della flat tax sull'incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti; progressiva eliminazione dell'Irap e razionalizzazione dei micro-tributi. Cedolare secca al 21% anche per l'affitto degli immobili commerciali in zone vantaggiate e degradate. Innalzamento del limite all'uso del denaro contante. Basta con la miope politica dei bonus, da sostituire con misure stabili e durature. Per le cartelle in essere: “saldo e stralcio” fino a 3mila euro per le persone in difficoltà e, per importi superiori, pagamento dell'intera imposta maggiorata del 5% in sostituzione di sanzioni e interessi, e rateizzazione automatica in 10 anni
- Sostegno a chi fa impresa e crea e posti di lavoro in Italia: incentivare la rilocalizzazione delle attività produttive in Italia e disincentivare le delocalizzazioni; contrastare con determinazione la concorrenza sleale e le pratiche elusive del trasferimento delle sedi aziendali nei paradisi fiscali europei; potenziare gli strumenti per stimolare e incentivare la canalizzazione del risparmio privato verso il finanziamento dell'economia reale, in particolare nelle Pmi; favorire la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla governance d'impresa
- Razionalizzare il sistema di incentivi alle imprese e favorire l'accesso al mercato dei capitali semplificando gli adempimenti per chi decide di quotarsi in Borsa. Nonché rendere strutturali incentivi e crediti d'imposta per investimenti tecnologici e spese di ricerca e sviluppo e favorire la crescita dimensionale delle piccole e medie imprese
- Taglio strutturale del cuneo fiscale a vantaggio di lavoratori e imprese. E la razionalizzazione delle decine di diverse tipologie di agevolazioni di incentivo alle assunzioni attualmente esistenti e accorpamento delle stesse in poche efficaci misure
- Rilancio contratti di apprendistato e tirocini per promuovere la formazione e l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Dare effettivo avvio alla riforma degli Istituti Tecnici Superiori;
- Stop al reddito di cittadinanza e introduzione di un nuovo strumento che tuteli i soggetti privi di reddito, effettivamente fragili e impossibilitati a lavorare o difficilmente occupabili: disabili, over 60, nuclei familiari con minori a carico
Una donna alla guida del Paese
"È arrivato il momento di una donna alla guida dell'Italia". Così Giorgia Meloni aveva già sfoderato la carta vincente alla luce dei primi exit polls.
Infatti, Meloni sarà molto probabilmente la prima donna a capo del governo della Repubblica Italiana. Con una visione, però, che coincide per molti versi con una società patriarcale. "Dio, patria e famiglia", il motto della leader di FdI che secondo molti osservatori farà fare un notevole passo indietro in materia di diritti delle donne.
A sostenere questa tesi la mancanza, nel programma, di misure specifiche volte ad incrementare la presenza femminile nel mercato del lavoro. Vengono citati, infatti, solamente sostegni generici al lavoro femminile e al superamento delle disparità salariali fra uomini e donne.
Per anticipare ciò che ci aspetta in materia di diritti delle donne, possiamo analizzare il governo della regione Marche, guidato da due anni da Francesco Acquaroli (visto qualche anno fa partecipare a una cena commemorativa della marcia su Roma). Nelle Marche, Acquaroli ha sfruttato l’ampia autonomia della regione nella gestione della sanità per limitare il diritto all'aborto: negli ultimi due anni il consiglio regionale ha impedito l’applicazione di una misura ministeriale che permette di somministrare la pillola abortiva anche alle cliniche private. A questo si aggiunge un’obiezione di coscienza, garantita dalla legge 194/1978, al 70%.
In generale, l'idea di donna che Giorgia Meloni sostiene sembra essere principalmente quella di madre e donna, inquadrata nella famiglia come elemento cardine di una società cristiana.
Se Giorgia Meloni venisse nominata presidente del Consiglio per l’Italia sarebbe in ogni caso una grossa notizia.
Infatti, nell’intera storia repubblicana italiana nessuna donna è mai stata presidente della Repubblica né presidente del Consiglio: se da qui alla fine del secolo ci fossero soltanto donne presidenti della Repubblica, la situazione sarebbe appena in parità.
Si dovette aspettare fino al 1976 perché una donna, Tina Anselmi, venisse nominata ministra. 100 i ministeri ottenuti su oltre 1.500 dei 67 governi della Repubblica. E di questi 100, la metà sono stati incarichi senza portafoglio e prevalentemente nei settori sociali della sanità e dell’istruzione, stereotipicamente associati alla sfera femminile. Infatti, nessuna donna in Italia è mai stata ministra dell’Economia e delle Finanze. La carica di presidente della Camera è stata ricoperta da una donna solo in cinque legislature (con Nilde Iotti, Irene Pivetti e Laura Boldrini), mentre una sola donna fino ad oggi è stata presidente del Senato (Maria Elisabetta Alberti Casellati, dal 2018).
In ogni caso, purtroppo, nei programmi politici di Meloni il femminismo non trova alcuno spazio. Questo suggerisce che si è ben lontani dal mettere in discussione il sistema esistente, in quanto, la leader di FdI come tante altre donne conservatrici, si è adeguata perfettamente a metodi, modalità e dinamiche dell’unico modello di potere che aveva a disposizione: quello maschile.
Obiettivi raggiunti e impegni da onorare
La seconda tranche da 21 miliardi di euro prevista dal NextGenerationEU per l’attuazione del Pnrr è stata approvata. Dopo il discorso di Ursula von der Leyen, in cui aveva parlato dell’esistenza di strumenti come le sanzioni in caso di rapporti «difficili», riferendosi all’eventuale (e poi effettiva) vittoria del centrodestra guidato da Giorgia Meloni, sono arrivati i complimenti dalla Commissione europea per aver raggiunto «tutti i 45 obiettivi» previsti per il primo semestre del 2022 e perchè «la messa in opera degli investimenti sta entrando nella sua fase di pieno svolgimento».
Per il Commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, il Pnrr è “un’opportunità unica per costruire un’economia più competitiva e sostenibile e una società più equa”. Per questo motivo, si spera che il prossimo governo farà ogni sforzo per coglierla: “È fondamentale onorare gli impegni rimanenti per realizzare il cambiamento strutturale necessario per indirizzare l’economia italiana su un percorso di crescita forte e duratura”.