Le donne al comando fanno crescere l’utile dell’azienda
Una ricerca Usa su 22 mila imprese dice che nei CdA dove le donne sono almeno tre su dieci la quota di utile aumenta del 6%. Board rosa, Italia terza dopo Norvegia e Lettonia. Metti più donne alla guida dell’azienda. E l’utile cresce. Questo segnala uno studio del Pearson Institute for international economics di Washington. L’indagine – illustrata dal Financial Times – ha riguardato 21.980 imprese in 91 Paesi. In Italia sono state monitorate 196 aziende. Secondo i ricercatori americani le imprese dove almeno il 30% del board è di rosa conquistano un incremento del 6% della quota di utile netto.
Il 27,6% di manager al vertice
Risultato sorprendente. Ma c’è dell’altro. L’Italia sale sul podio dei Paesi con la più alta partecipazione delle manager nei board delle quotate. Medaglia di bronzo dopo Norvegia e Lettonia. I dati sono aggiornati al 2014 quando l’Italia aveva il 24% di donne nei consigli di amministrazione delle quotate. Il monitoraggio svolto oggi potrebbe registrare ulteriori progressi. Lo scorso giugno, infatti, l’Italia ha raggiunto il 27,6% di donne al vertice. Tutto merito della legge sulle quote entrata in vigore nell’estate del 2012. Nel 2011, infatti, le signore nei CdA erano soltanto il 7,4%. Certo oggi colpisce vedere l’Italia con un risultato a doppia cifra mentre Germania e Olanda, per esempio, continuano ad avere soltanto il 6% di signore nei CdA.
Più preparate e determinate
Perché le donne al vertice migliorano il conto economico delle imprese? «Molto semplice – risponde l’economista Daniela Del Boca –. Le manager sono consapevoli di essere guardate a vista e quindi danno sempre il massimo. Lavorano di più. Mediamente sono molto preparate perché devono dimostrare di meritare un posto che è stato affidato loro grazie a una legge. Inoltre il loro arrivo scardina dinamiche di potere tanto consolidate quanto controproducenti. Penso per esempio alla corruzione».
Legge, effetto fino al 2022
«Quando entrò in vigore la legge c’era chi si aspettava un peggioramento delle performance aziendali – racconta Paola Profeta economista della Bocconi –. Possiamo già dire che questo non è accaduto. Ma per dimensionare il grado di correlazione positiva tra donne al vertice e risultati economici delle imprese serve ancora tempo». «Non bisogna dimenticare che la legge esaurirà il suo effetto intorno al 2022. Le quote, infatti, sono imposte solo per tre rinnovi dei board», fa notare Anna Zattoni, direttore generale di Valore D, associazione di imprese nata per sostenere la presenza delle donne in azienda. «Per questo stiamo favorendo iniziative che aiutino la conciliazione nelle imprese – continua Zattoni –. Solo così si possono creare le condizioni perché le donne crescano tra quadri e dirigenti e non arretrino nei CdA tra qualche anno».
Il problema della partecipazione al lavoro
Come dire: tolta la medicina, il paziente potrebbe ammalarsi di nuovo. Per ora, in ogni caso, il soffitto di cristallo ha un’ampia fessura. Quello che ancora non funziona è il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Anche su questo numerosi enti internazionali si sono più volte espressi, dall’Ocse al Fmi: più donne al lavoro vorrebbe dire più ricchezza per il Paese. Fonte: Corriere Economia