Bisogna sempre giocare onestamente quando si hanno le carte vincenti. (O. Wilde)

06 April 2016 IN Business Defence
Bisogna sempre giocare onestamente quando si hanno le carte vincenti. (O. Wilde)

Circolano innumerevoli etiche nel nostro tempo. Si direbbe che ce n'è una per ogni necessità e, all'occorrenza, se ne possono inventare, tanto che ormai il diffondersi dei codici etici tra le aziende clienti, fornitori, fornitori, concorrenti, banche, è di ordinaria amministrazione. Non è un caso che tra gli argomenti più discussi dell’ultimo millennio, non vada mai fuori moda. Sempre attuale, sempre all’ordine del giorno, sempre dilemma senza soluzione: L’Onestà Intellettuale esiste? E se esiste, è veramente “onesta”? Ma andiamo con ordine, facciamo un breve viaggio nel vocabolario dell’etica e parliamo di onestà. Non so voi, ma personalmente mi sono sempre chiesta che cosa significhi davvero essere onesti. Far corrispondere pensieri e azioni? Quella forse è coerenza. Non è facile parlare di onestà (lasciamo stare che i tempi sono quello che sono e di gente “onesta” se ne vede davvero poca), non è facile perché non è chiaro neanche a noi che cosa voglia dire realmente essere “onesti”. Senza avere la pretesa di star qui a fare rivelazioni sconcertanti o di disvelare verità sconosciute, io credo che l’onestà sia un’idea. Un’idea con due volti: uno per così dire “esterno”, più immediato, visibile e, per certi versi, “concreto”, e un altro meno visibile, meno diretto ed esteriore. Per facilità di ragionamento le chiameremo onestà esteriore e onestà interiore. La prima faccia dell’onestà (esteriore) somiglia più che ad un’idea ad un ideale: un obiettivo che ci fregiamo di aver raggiunto o che vorremmo raggiungere, nella professione, a scuola, nelle amicizie, nei rapporti interpersonali e in generale con gli altri, nella vita di tutti i giorni. Essere onesti quando si fa la spesa, essere onesti quando si va in banca, essere onesti quando si dice chi si è scelto di votare alle elezioni, essere onesti perfino quando si entra in un negozio e si sceglie di pagare il prezzo pieno senza chiedere sconti, essere onesti mentre si fa la fila, eccetera. Ma come potrete ben capire c’è poco da arrovellarsi, essere onesti in questo senso è un po’ una scelta di vita, uno “state of mind”, un atteggiamento consapevole e arbitrario: si può decidere di esserlo come di non esserlo, e noi non staremo certo a criticare chi ha scelto questo o quello. L’ onestà esteriore sa un po’ di “perbenismo”, di “buone maniere”, e come ogni cosa che avvertiamo indiscutibilmente e oggettivamente buona (in barba ad ogni relativismo) ci viene istintivo elogiarla. L’onestà interiore non è una scelta, non è facile da vedere nella vita di tutti i giorni, non la si trova sui libri e non si apprende a scuola, l’ onestà interiore è quella più difficile da vedere, da leggere, da sentire, da “percepire” e da trovare materializzata nella quotidianità, ed è appunto l’onestà intellettuale, l’onestà che, letteralmente, ognuno dovrebbe avere garbo di rivolgere verso il proprio intelletto. Insomma, gli onesti del partito onestà interiore sono “gli intellettuali onesti”: quelli che onesti vogliono, cercano e si sforzano di esserlo prima di tutto con loro stessi. Che non è esattamente facile: essere onesti con sé stessi è la capacità di osservare noi stessi con gli occhi di qualcun altro. Ossia di contemplare le nostre idee e opinioni con distacco, soppesando prove e argomenti per la loro razionalità e non per la soddisfazione che ci danno “di pancia”. Anzi, a maggior ragione, proprio perché sono le nostre idee dobbiamo essere particolarmente spietati ed esigenti con loro. E, di fronte all’evidenza dei loro limiti, della loro infondatezza o perfino della loro fallacia, dobbiamo saperli riconoscere. L’onestà intellettuale è certamente responsabilità complessa ed impone di saper portare le nostre idee alle loro estreme conseguenze, sempre nel rispetto della razionalità e della coerenza. Ovunque le conseguenze si trovino. Dunque prendiamo atto di questi prestigiosi codici etici che le aziende promuovono ma mi chiedo non sarebbe più utile se fossimo più coerenti indipendentemente da un codice? Paola Marinacci - Business Defence

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