Coronavirus: tutto il mondo indaga sulle origini misteriose del Covid-19 e pretende chiarezza e trasparenza

22 April 2020 IN Attualità
Coronavirus: tutto il mondo indaga sulle origini misteriose del Covid-19 e pretende chiarezza e trasparenza

L'origine del contagio resta ancora ad oggi un mistero. Nel mondo sono più di due milioni i casi di Covid-19 e quasi la metà sono in Europa. La scienza si concentra sulla ricerca per porre fine alla pandemia e intanto sullo sfondo, ma non troppo, non si ferma il dibattito sulle origini del virus che si è inizialmente manifestato in Cina.
C’è chi parla di errore umano, chi di complotto, chi di inganno e c’è chi intanto si organizza come l’USA e l’India per richiedere il risarcimento per danni contro l’umanità.


Le certezze però fino ad ora si fermano al fatto che il Covid-19 si è inizialmente manifestato in Cina, ma non esiste ancora nessuna prova che dimostri che dal laboratorio di Wuhan il virus si sia diffuso per un incidente.


Il quotidiano statunitense Washington Post ha raccolto e divulgato le tre teorie più diffuse sul contagio affermando che una è chiaramente falsa, una è possibile ma non ancora supportata da prove certe e una è sostanzialmente vera. 


Ma procediamo con ordine e proviamo a capire cosa sostiene il Post, portavoce del sentire e pensare comune del suo Paese che sta indagando per cercare di ottenere delle risposte certe.


Secondo la prima ipotesi l'epidemia è collegata alla ricerca sulle armi biologiche. A gennaio, quando iniziava il lockdown nella provincia cinese di Hubei, il Washington Times, espressione del mondo conservatore, rilanciava una ricerca dell'ex ufficiale dell'intelligence militare israeliana, Dany Shoham, per sostenere che il "coronavirus potrebbe essere nato in un laboratorio collegato al programma di armi biologiche della Cina, a Wuhan", suggerendo che "il Laboratorio nazionale per la biosicurezza e l'Istituto di virologia di Wuhan lavorassero al programma". I laboratori esistono, ma non ci sono prove. 
Ma "In base al genoma e alle proprietà del virus non vi sono indicazioni che si tratti di un virus costruito in laboratorio", ha detto al Post un professore di biochimica della Rutgers University, Richard Ebright. 
"Ha troppe caratteristiche distinte, alcune delle quali controintuitive", ha commentato con Science News il virologo Robert Garry della Tulane University di New Orleans. 
Nonostante tutto, scrive il Post, un sondaggio del Pew Research Center diffuso la scorsa settimana rivela che quasi tre americani su dieci sono convinti che il virus possa essere nato in laboratorio.


Secondo la seconda teoria il coronavirus si è diffuso da un laboratorio a causa di un incidente. Alternativa ‘più plausibile’ rispetto alla prima teoria, secondo le parole del Post. Un virus di origine naturale che potrebbe essersi diffuso per un incidente dai laboratori di Wuhan. Il professor Ebright ha detto al Post di ritenerlo ‘almeno altrettanto probabile’ quanto un incidente fuori da un laboratorio. Altri scienziati non sono d'accordo. Ma "ci sono prove circostanziate", scrive il Post che fanno riferimento alle ricerche sui coronavirus dei pipistrelli di ricercatori della sede di Wuhan del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie.
Il Washington Post scrive anche di cablogrammi diplomatici che nel 2018 avevano già nero su bianco i timori per le misure di sicurezza e la gestione dell'Istituto di virologia di Wuhan.  Si cerca di capire, intanto, se qualcuno possa essere stato contagiato nella struttura in modo accidentale o per carenza dei dispositivi di sicurezza, trasmettendo l’infezione ad altri. 
Ma è verosimile che un virus, sia pure di origine naturale come il nuovo coronavirus, possa essere fuoriuscito da un laboratorio? Secondo la dottoressa Filippa Lentzos del King’s College di Londra, intervistata dalla BBC, ci sono vari modi per cui possono essere violate le misure di sicurezza nei laboratori che trattano agenti biologici: mancata formazione, protezioni inadeguate durante l’accesso ai laboratori, registri incompleti, segnaletica insufficiente, mancata segnalazione di agenti patogeni e di notifica di incidenti e lacune nelle procedure di emergenza. Molte violazioni minori non arrivano neppure a conoscenza del grande pubblico. Ma anche nei laboratori più sicuri gli incidenti possono accadere. 
Il giornale, sottolinea però, che questo non dimostra che il nuovo coronavirus sia mai stato studiato a Wuhan. 


Per la terza teoria "il governo cinese ha ingannato il mondo sul coronavirus", scrive il Post, ricordando di aver scritto a inizio febbraio "dell’offuscamento delle informazioni" da parte della Cina. Pechino è stata lenta nella condivisione dei dati, anche con gli esperti dell'Oms, scrive il giornale citando l'inchiesta dell'Associated Press secondo cui il gigante asiatico non avrebbe dato l'allarme per sei giorni, cruciali per la diffusione del virus.


Il ruolo deel’OMS nella diffusione delle informazioni


C’è chi sostiene, e probabilmente a ragion veduta, che fin da gennaio, l’Oms ha lodato la Cina e il suo modello per aver affrontato con serietà e trasparenza la crisi sanitaria, esaltando le doti di leader di Xi Jinping. L’Organizzazione mondiale della sanità, così, non soltanto non ha mai espresso alcun biasimo ufficiale riguardo ai numerosi buchi neri della comunicazione di Pechino, ma ha fatto diventare quello cinese il modello per eccellenza, quello da adottare per via del suo acclarato successo. 
Al contrario, nessun plauso ufficiale è venuto dall’Oms per altri modelli di contrasto al virus di grande successo come quello della Corea del Sud e di Taiwan. Anzi, sui due paesi l’agenzia dell’Onu ha steso un velo di colpevole silenzio. 
Tutto ciò non deve stupire. La Cina è uno dei principali finanziatori dell’Oms. Il direttore dell’agenzia è Tedros Adhanom Ghebreyesus, in ottimi rapporti con la Cina. Né deve stupire che Taiwan sia fuori dai modelli sanitari di riferimento a livello mondiale: la piccola repubblica con capitale Taipei non fa parte dell’Oms proprio perché la Cina non la riconosce nemmeno come stato autonomo, considerandola un’isola ribelle di sua diretta pertinenza.
Muovendosi così, però, la burocrazia dell’Oms ha gestito sicuramente in maniera sbagliata la crisi pandemica. Ritardi nella comunicazione del pericolo, suggerimenti sbagliati circa le norme di comportamento da adottare, indicazioni contraddittorie, ripensamenti e giravolte: in questo modo la confusione globale è stata massima. L’Italia è l’esempio più evidente di questa gestione burocratica e inefficiente. Le autorità sanitarie italiane, dal ministero della Salute all’Istituto superiore di sanità fino al fantomatico Comitato tecnico-scientifico, già confuse per sé, si sono affidate totalmente ai dettami dell’Oms e, in qualche modo, se ne sono fatte scudo per coprire le proprie carenze strategiche e per togliersi dall’impaccio di decisioni scomode o impopolari.


Se la colpa sia da imputare completamente al ritardato processo di comunicazione da parte dell’OMS non possiamo dirlo con certezza. Certo è invece che una diffusione dell’informazione più immediata, più lineare e certamente meno omertosa sia da parte del governo cinese che da parte dell’OMS stessa avrebbe sicuramente aiutato nella gestione della crisi ed evitato l’inutile perdita di tempo.


Accuse al governo cinese da parte di una testata tedesca


Nel frattempo c’è chi rivolge pesanti accuse al governo cinese e rifiuta le scuse da parte dell’ambasciata di Pechino. 
Julian Reichelt, direttore del quotidiano tedesco Bild, accusa senza mezzi termini il segretario del Partito Comunista cinese, Xi Jinping. Il leader asiatico è finito al centro di attacchi durissimi da parte di Reichelt, che ha mosso insinuazioni pesantissime nei suoi confronti: “Lei ha chiuso tutti i quotidiani e i siti internet che si sono mostrati critici rispetto al suo operato, ma non le bancarelle dove vengono vendute le zuppe al pipistrello. Lei non controlla solo i suoi cittadini, ma li mette in pericolo, e con loro, il resto del mondo”, ha detto in un video messaggio. Julian Reichelt evidentemente non ha gradito la lettera che, attraverso la sua ambasciata in Germania, il governo Cinese ha recapitato al quotidiano tedesco, pretendendo delle scuse da parte di Bild per alcune affermazioni ritenute lesive. “La ragione per cui in Cina non si inventa e non si innova – ribadisce seccato Reichelt nel filmato rivolto al governo di Pechino – è perché non permettete ai giovani del vostro paese di pensare liberamente. La cosa più grande che avete esportato, e che comunque nessuno voleva, è il Coronavirus”
Stoccata violentissima, dunque, da parte di Reichlet, che nella parte finale del suo comunicato spara un ulteriore cartuccia: “Lei pianifica di rafforzare la Cina grazie ad una malattia che ha esportato. Non ci riuscirà: il Coronavirus prima o poi sarà la sua fine politica”.


I leader cinesi, tuttavia, sembrano ossessionati solo dalla sostenibilità del loro regime totalitario, e impazienti di mettere a tacere ogni critica. Il governo cinese ha infatti censurato e arrestato medici e informatori coraggiosi che hanno tentato di dare l’allarme e rimosso le immagini che  ritraevano la situazione nel laboratorio della città cinese da cui si sospetta sarebbe partito il terribile virus che ha messo in ginocchio il mondo.
La natura del regime cinese – il divieto di esercitare la libertà di stampa e di espressione, l’assoluto dominio del Partito comunista sugli attori sociali, religiosi ed economici, le minoranze perseguitate e imprigionate, la libertà di coscienza calpestata – sta contribuendo all’insorgenza di questo disastro sanitario. Il costo, in termini di vite umane e di Pil mondiale, è immenso.


Responsabilità e richieste di risarcimenti


Gli Stati Uniti hanno annunciato formalmente l’avvio di un’imponente indagine per appurare se la nuova piaga pandemica sia stata generata effettivamente da una ‘fuga’ dal laboratorio di Wuhan in Cina, dove erano in corso studi di vaccini e cure sul Coronavirus. Esperti dei servizi segreti hanno già raccolto un sostanziale quantitativo di informazioni grazie alle quali potranno fornire "una fotografia accurata dei fatti", spiega una fonte di Washington. Una volta che l’indagine sarà completata - non si dovrà attendere molto - i risultati saranno sottoposti all’attenzione di Donald Trump. A quel punto la Casa Bianca deciderà se ritenere Pechino responsabile della devastazione umana ed economica causata dal Covid-19.


Sebbene il filone di inchiesta si basi principalmente sulla tesi dell’incidente nell’ambito di sperimentazioni ad uso farmacologico - riferisce Fox - alcuni funzionari americani non escludono l’ipotesi dell’arma batteriologica, ovvero che nel laboratorio del dottor Shi Zhengli, il quale conduceva sperimentazioni sui pipistrelli, in realtà ci fosse una ‘task force’ speciale dedita allo sviluppo di armi non convenzionali segrete. Non è escluso che alla luce dei risultati gli Usa potrebbero ricorrere ad azioni forti, come quella avviata dall’India che ha depositato presso l’ufficio dei diritti umani delle Nazioni Unite una richiesta di azione legale nei confronti della Cina accusandola per crimini (gravi violazioni) contro l’umanità. 
La mobilitazione di New Delhi segue una serie di cause legali avviate negli Stati Uniti a titolo di risarcimento danni per le perdite causate dal presunto occultamento della verità da parte del regime cinese. La prima class action è partita dalla Florida per mano dello studio legale Berman Law Group. La Cina “ha agito lentamente o insabbiato i fatti per tutelare il proprio interesse economico”, spiega l’avvocato Matthew Moore titolare della causa con cui punta a rappresentare milioni di persone. Sono almeno 4 le principali class action federali sino a questo punto avviate. 


Come affermato all’inizio, però, al momento non si hanno prove schiaccianti sull’origine della pandemia. La stessa intelligence americana ha dichiarato al New York Times di avere indagato su questa possibilità ma di non avere ancora trovato elementi decisivi. 


L’ipotesi che si sia trattato di un incidente di laboratorio è legittima e ha bisogno di una risposta dopo un’attenta indagine. Capire esattamente come il virus si è originato, infatti, oltre che a garantire un risarcimento dei danni potrebbe soprattutto offrire informazioni fondamentali su come prevenire che avvenga di nuovo.


 
 
 


 

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