Il 2019 inizia all’insegna di nuove cessioni di crediti deteriorati. Come previsto, l’attenzione si sposta dalle sofferenze alle inadempienze probabili, i cosiddetti Unlikely to Pay (Utp). Il recente studio della Ernst & Young, rivela che i crediti deteriorati delle banche italiane sono scesi del -39% dal 2015 al 2018, passando dai 341 miliardi ai 2019 miliardi dello scorso settembre.
Unicredit e Intesa Sanpaolo preparano nuove cessioni
Così le banche italiane continueranno a dover cedere crediti deteriorati: Unicredit avrebbe, ad esempio, secondo questo studio la cessione di un pacchetto da 3 miliardi di euro nominali, per la maggior parte incagli (Unlikely to pay o Utp) garantiti da immobili, per il quale sarebbero stati già individuati Pimco e Gwm come potenziali acquirenti. Intesa Sanpaolo, invece, starebbe sondando l’interesse del mercato per un pacchetto da 2 miliardi di euro sempre di Utp garantiti da immobili e asset aziendali.
Sei nomi di spicco tra i compratori italiani
Dal canto loro i compratori di crediti deteriorati sembrano pronti a fare la propria parte. I nomi di primo piano sono sei:
- Dobank, nata da una costola di Unicredit ed oggi controllata dal gruppo Fortress, con un portafoglio di 83,5 miliardi di Npl lordi in gestione e incassi annui per 1,33 miliardi;
- Cerved, che ha in portafoglio Npl lordi per 51 miliardi e ha visto i ricavi salire a 99 milioni negli ultimi 12 mesi;
- Intrum, sbarcato in Italia con l’acquisizione della piattaforma di gestione Npl di Intesa Sanpaolo che vanta 10 miliardi di crediti deteriorati in portafoglio;
- Credito Fondiario (controllato al 60% da Tages e al 40% dal fondo Elliott);
- Alle loro spalle restano Prelios e Banca Ifis.
Almeno altri sette anni di vacche grasse
Per tutti le prospettive di business restano più che interessanti: dopo che nel 2017 le compravendite di Npl hanno toccato i 71 miliardi di euro di valore nominale, nel 2018 si dovrebbero essere registrate transazioni per circa altri 66 miliardi e le stime di PricewaterhouseCoopers parlano di almeno altri 50 miliardi quest’anno.
E visto che entro il 2026 gli istituti europei, per ottemperare alle richieste delle autorità di vigilanza, dovranno ripulire integralmente i propri conti, si prospettano almeno altri sette anni di “vacche grasse” per i “signori delle sofferenze” come segnala un approfondimento sul Fatto Quotidiano.
La segmentazione massiva di portafogli di crediti è sviluppabile attraverso un lavoro di indagine svolto da società di Informazioni Commerciali, dotate di licenza investigativa ex art 134 TULPS, che sono in grado di aggiornare l’anagrafica del Debitore e fornire le informazioni di rintraccio e patrimoniali utili a definire i diversi cluster di crediti per priorità e livello di rischio di insolvenza.
Un lavoro preventivo in termini di riqualifica permette difatti di ottimizzare tempi e risorse nella gestione complessa che le Banche Italiane stanno affrontando in questi anni ed è essenziale per la definizione di una strategia specifica sui singoli asset.
Fonte: Gooruf/BD Business Defence