Credito, meno imprese in sofferenza.
Il tasso di default delle aziende, cioè l'incapacità di restituire i prestiti, è sceso dal 6% del giugno 2015 al 4,6% di marzo 2016. Ma il miglioramento rischia di essere solo un effetto ottico: la recessione ha fatto selezione delle imprese più in crisi, che hanno chiuso. Nelle costruzioni le difficoltà maggiori, utility più solide.
E' come leggere in filigrana la crisi economica italiana, la stagnazione nella quale annaspa il Paese. Il "tasso di default" misura la difficoltà delle imprese a onorare i debiti con gli istituti di credito, segnalando quando il ritardo nel pagamento di una linea di finanziamento supera i novanta giorni. L'anticamera delle sofferenze bancarie. Come uno scandaglio che, riflettendo lo stato di salute delle fabbriche, esplora la profondità della recessione italiana.
Crif ha ora prodotto i dati integrali aggiornati a marzo di quest'anno, certificando che il trend di riduzione dei tassi di default iniziato a metà 2015 va vanti. Si è passati dal 6% di giugno dello scorso anno al 4,6% di marzo 2016 e la previsione a tutto il 2017 è di una stabilizzazione a quota 4,7%. Apparentemente una buona notizia.
In realtà, infatti, dietro a questa diminuzione del rischio c'è l'"effetto selezione", ossia la chiusura delle aziende piegate dalla recessione. La faccia più feroce del credit crunch. Come dire che la ripresa non c'entra, perché la ripresa non c'è: "La situazione economica e finanziaria dell'Italia - si legge nel rapporto - resta strutturalmente fragile e troppo esposta a fattori esogeni, come le decisioni Bce sui tassi, le risposte delle istituzioni europee alle tensioni finanziarie, i crescenti populismi nazionali, l'andamento della crescita globale".
Crif analizza, in prospettiva, anche gli effetti di Brexit: da un lato, si prevede un "ulteriore rallentamento della crescita europea per effetto della maggiore incertezza sulla propensione agli investimenti delle imprese"; dall'altro, "un potenziale inasprimento delle condizioni di accesso al credito per le aziende" come conseguenza sia delle difficoltà finanziarie delle banche italiane sia delle nuove regole di vigilanza del settore (stress test e dintorni). E la sindrome Brexit risparmia pochissimi settori.
AGRICOLTURA
Nel primo trimestre 2016 il tasso di default è sceso al 4,6% grazie al calo delle quotazioni del petrolio che ha inciso su fattori produttivi come agro-farmaci, fertilizzanti e energia. Stesso beneficio è arrivato dai bassi tassi di interesse. La previsione, però, è per una risalita del tasso di default nel 2017 (4,9%), anche a causa di Brexit e delle oscillazioni valutarie tra euro e sterlina (circa il 5% dell'ortofrutta italiana viene esportata nel Regno Unito).
CHIMICA E FARMACEUTICA
La rischiosità è bassa per via della dimensione aziendale molto più elevata rispetto ad altri comparti. Il tasso di default a fine marzo era al 2,1% (nel 2017 dovrebbe salire al 2,4%) grazie anche all'export, cresciuto nel 2015 del 4% per la chimica e del 6% per la farmaceutica. Resta l'incognita Brexit che potrebbe impattare su domanda estera, quotazioni delle materie prime, tassi di interesse e di cambio.
COMMERCIO
La riduzione dei tassi di default iniziata nel 2014 e proseguita fino al primo trimestre di quest'anno (4,7%) riflette l'inversione di tendenza dei consumi delle famiglie, tornati anche se di poco a crescere. Prevista per la fine del 2016 un'ulteriore riduzione del tasso (4,4%) mentre nel 2017 (quarto trimestre) potrebbe risalire al 4,6% per un "probabile raffreddamento della dinamica delle vendite".
COSTRUZIONI, INFRASTRUTTURE E IMMOBILIARE
E' il settore più colpito dalla crisi. A marzo il tasso di default si è attestato al 6,2%, comunque in discesa rispetto agli anni precedenti. "Ma l'elemento trainante della riduzione - spiega il Crif - è l'effetto selezione: solo le imprese più solide sono sopravvissute alla recessione". Il tasso tornerà a salire, "a causa del rallentamento della già fragile ripresa economica, dell'effetto del nuovo codice degli appalti (blocco di molti bandi di gara) e delle difficoltà di utilizzo della clausola europea per gli investimenti".
ALIMENTARE
Anche il settore food&beverage ha beneficiato della parziale ripresa dei consumi e dell'export. Il tasso di default è passato dal 5,3% del secondo trimestre 2015 al 4% di marzo scorso. Le previsioni sono di una debole crescita delle vendite e di un freno delle esportazioni anche come riflesso di Brexit con i relativi effetti sui cambi sterlina/euro e dollaro/euro (Usa e Regno Unito assorbono rispettivamente il 12 e il 10% dell'export italiano di alimenti e bevande).
MANIFATTURA PESANTE
Lieve miglioramento del quadro economico e ristrutturazione del tessuto produttivo: sono i due elementi che hanno determinato la riduzione del tasso di default al 3,2% nel primo trimestre 2016. Peso decisivo del settore auto, della meccanica strumentale e del costo del denaro al minimo storico. Il tasso di default tornerà a salire e si stabilizzerà al 3,4% nel prossimo anno.
MANIFATTURA LEGGERA
Crescita dell'export, risalita dei consumi di beni durevoli e basso livello dei prezzi del petrolio, hanno determinato la discesa del tasso di default al 4,3%. Buoni segnali da mobili e arredamento, mentre perdono colpi tessile e abbigliamento. Nel 2017 il tasso si assesterà al 4,4%, anche per gli effetti commerciali di Brexit (l'export destinato al Regno Unito è al 10% nei mobili e al 7% nell'abbigliamento).
ICT, MEDIA E TLC
Nel medio periodo il tasso di default è previsto assestarsi sul dato di marzo 2016 (3,4%). Fattori positivi dagli investimenti in Ict, anche per via dell'approvazione del regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, e dalla crescita dell'entertainement. Ma anche qui c'è la minaccia "del rallentamento dell'economia globale" e quella delle "tensioni geopolitiche, Brexit in primis".
OIL&GAS
Il tasso di default è sceso nel primo trimestre a quota 4,5% per la buona performance del settore estrattivo che ha beneficiato della ripresa delle costruzioni (principale mercato di sbocco). Per il comparto Oil determinante il doppio ruolo della bassa quotazione del greggio: impatti negativi sui margini di chi opera nell'upstream e positivi per gli operatori del downstream (raffinazione). Il tasso di default è stimato stabile fino al 2017, con ancora la svalutazione del petrolio a farla da padrona.
SERVIZI
"Il tessuto produttivo resta in alcuni segmenti vulnerabile ed esposto a potenziali shock esterni", scrive il Crif riferendosi in particolare alle liberalizzazioni dei mercati auspicate da Ue e Fmi e agli effetti di Brexit nel turismo di provenienza inglese. Il tasso di default a marzo si è attestato al 4,1% e dovrebbe salire al 4,3% nel 2017.
TRASPORTI E LOGISTICA
Decisivo il deprezzamento del petrolio nel calo del tasso di default del settore (4,5% a marzo). Crif, però, prevede un peggioramento del quadro e un rialzo del tasso al 5% nel 2017 per l'attesa "normalizzazione" delle quotazioni del greggio e la revisione al ribasso delle stime sul Pil.
UTILITY ED ENERGIA
La presenza delle tariffe in alcuni segmenti di attività e il monopolio naturale dei servizi a rete, rendono questo settore una sorta di isola felice con il tasso di default (2,8% a marzo) più basso rispetto alla media nazionale. Atteso un piccolo rialzo nel 2017 quando il tasso dovrebbe stabilizzarsi a quota 3%.
In questo scenario che conferma ancora l’instabilità economico-finanziaria che imperversa dal 2008 è necessario non abbassare la guardia.
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Fonte : Repubblica.it