Fisco, dai pagamenti con il Pos in arrivo 7 miliardi di dati
L’avvio della disciplina sanzionatoria per chi non accetterà pagamenti con strumenti diversi dal contante è una delle novità introdotte dal decreto Pnrr2, con il fine di favorire la digitalizzazione delle transazioni e ridurre l’evasione fiscale.
Sette miliardi di operazioni pagate con il Pos. Sono i dati che il Fisco si prepara ad accogliere ogni anno, grazie alla modifica introdotta con il decreto Pnrr2 (Dl 36) pronto a riprendere l’esame in commissione al Senato. La sfida più dura sarà quella di sfruttare al meglio la potenzialità di una (ulteriore) valanga di informazioni in arrivo.
Con la modifica introdotta dal PNRR si elimina ogni ambiguità sulle operazioni da comunicare a carico dei gestori di carte e bancomat. Le transazioni eseguite andranno trasmesse tutte all’Anagrafe Tributaria a prescindere se l’acquisto sia effettuato da un privato cittadino o da un operatore economico con partita Iva. La finalità non è schedare i consumi, tanto è vero che il dato di chi paga non sarà oggetto di comunicazione. Si punta piuttosto a stanare il sommerso e, con la messa a disposizione del pacchetto di informazioni alla Guardia di Finanza, anche il riciclaggio.
Tra i dati di cui il Fisco dovrà potenziare l’utilizzo rientrano anche quelli raccolti tramite la fatturazione elettronica e la trasmissione dei corrispettivi. È questo un fronte importante anche nell’ottica del Pnrr, visto che il 1° luglio – a meno di proroghe decise dal Parlamento – scatterà l’obbligo di fatturazione elettronica anche per una parte consistente degli oltre 2 milioni di contribuenti nel regime forfettario (esclusi solamente coloro che nel 2021 non hanno superato i 25mila euro di ricavi o compensi).
Dato che i termini dell’accertamento fiscale sono pluriennali, l’esame non può limitarsi alle fatture di un solo anno, ma deve coinvolgere uno stock di almeno 7 miliardi di documenti digitali inviati dal 1° gennaio 2019 (data di introduzione dell’obbligo generalizzato di e-fattura nei rapporti tra privati).
L’Anonimometro
Il flusso giornaliero potrà consentire al Fisco un’analisi del rischio accurata, cercando anche di setacciare possibili anomalie in esercenti, negozianti, professionisti. Tra queste la presenza di pochissime o ridotte operazioni ma per un controvalore elevato, che potrebbero far scattare il sospetto di evasione o riciclaggio.
Il Garante della privacy sta esaminando in questi giorni – e a tempo di record – la seconda versione del decreto con le regole di funzionamento del cosiddetto “anonimometro”, inviata dal Governo agli inizi di giugno.
In pratica, l’anonimometro è l’algoritmo che usa dati anonimizzati, compresi quelli della Superanagrafe dei conti correnti, per costruire l’analisi di rischio. E, solo in caso di anomalie, svela l’identità del presunto evasore. La definizione di questo meccanismo è decisiva anche per il Pnrr, nel cui cronoprogramma è indicata come obiettivo al 30 giugno.
In questa attività d’analisi, gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale sono in grado di “imparare” da soli, scoprendo anomalie, associando informazioni, individuando schemi ricorrenti e segnalando situazioni di rischio con un grado di accuratezza – idealmente – via via sempre più elevato.
La riservatezza dei contribuenti
L'attività di controllo e analisi dei dati, finalizzata a contrastare il fenomeno dell'evasione fiscale non può realizzarsi senza tenere conto del diritto alla riservatezza dei cittadini contribuenti. Una questione che presuppone necessariamente una valutazione preventiva dei costi/benefici, precisando che con il termine costo, si intende quello che subiscono i cittadini a causa dell'intromissione dello Stato, mentre per benefici devono intendersi quelli legati alla scoperta degli evasori fiscali.
Per questo le modalità di analisi e i criteri per l'individuazione del rischio di evasione sono stati messi a punto contemplando la presudonimizzazione preventiva. Solo dopo la scrematura dei dati e la selezione degli stessi in relazione alle posizioni che presentano un rischio di evasione, i nomi vengono collegati ai dati per procedere alla successiva fase istruttoria.
Dove vengono reperiti i dati
I dati necessari all'analisi del rischio vengono reperiti principalmente dall'Anagrafe tributaria, che si occupa di raccogliere e ordinare tutti i dati e le informazioni relative alle dichiarazioni fiscali, alle denunce, agli accertamenti, i dati che rivestono rilevanza fiscale e quelli dei rapporti finanziari, presenti in una sezione apposita dell'Anagrafe tributaria. Qui vengono conservati i dati che si riferiscono ai rapporti con gli operatori finanziari di tipo continuativo od occasionale, come i saldi e le giacenze medie di conti correnti e depositi.
I controlli vengono effettuati dopo l'individuazione di un data set di analisi (dati preselezionati) necessari a individuare la sussistenza di rischi di evasione. Si passa quindi ai dataset di controllo, applicando questi dati alle banche dati in possesso dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Individuati i contribuenti che presentano uno o più rischi fiscali, scattano i controlli o le attività necessarie a incentivare l'adempimento spontaneo.
Anomalia Italiana
Stando agli ultimi dati della relazione annuale di Banca d’Italia, il numero delle operazioni con carte di pagamento sfiora quasi quota 7 miliardi, una cifra che ha subito un ulteriore balzo in avanti nel corso del 2021. Del resto, come sottolineato anche dall’ultima analisi dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, i pagamenti digitali hanno raggiunto nel loro complesso un controvalore di 327 miliardi di euro con una crescita del 22% rispetto al 2020.
Resta, però, l’anomalia tutta italiana almeno nel confronto con il resto dell’area euro. A fronte del valore più alto per numero di Pos (3.695.000) fa da contraltare il numero più basso di operazioni per terminali (1.009). Quasi che la fredda statistica confermi la vulgata comune che a volte, quando si chiede di pagare con il Pos, ci si imbatte con terminali fuori servizio o con altre giustificazioni con cui viene negato il pagamento con moneta elettronica.
Tracciabilità e doppie sanzioni
Per cercare di ridurre queste situazioni, tra gli obiettivi del Pnrr è entrata anche la spinta (ennesima) alla tracciabilità. La scelta del Governo è stata quella di anticipare al 30 giugno (rispetto alla precedente decorrenza) la doppia sanzione per chi rifiuta i pagamenti con carta o bancomat: 30 euro a cui si aggiunge il 4% del valore della transazione negata. Una misura di bandiera più che altro, in quanto la strada per la sua applicazione non sembra certo semplice: presuppone che il cliente denunci e quindi perda tempo e risorse.
Senza dimenticare comunque che ci sono specificità che andrebbero considerate e “pesate” meglio per evitare situazioni paradossali. È il caso soprattutto delle attività professionali, per cui scatterà questa sanzione ma per cui generalmente le modalità di pagamento tracciato da parte dei clienti avvengono tramite bonifico.
Le richieste di Confcommercio
Come ha fatto notare anche Confcommercio nella nota inviata alle commissioni Affari costituzionali e Istruzione del Senato che presto entreranno nel vivo del lavoro per la conversione in legge del Dl «Pnrr2», bisognerebbe ragionare anche in termini di politiche attive per negozianti, commercianti, professionisti, autonomi esposti alle potenziali sanzioni. Questo si tradurrebbe, a detta dell’associazione di categoria, nella necessità di innalzare il credito d’imposta sul costo delle commissioni sostenute da chi accetta pagamenti tracciabili: tax credit ora al 30% che andrebbe «elevato strutturalmente al 50%» e per cui andrebbe estesa la platea di beneficiari «superando il limite di 400mila euro di fatturato».
Ancora Confcommercio chiede di prorogare e incrementare il credito d’imposta ed estenderne la durata oltre la scadenza del 30 giugno 2022 per l’acquisto dei registratori telematici in cui l’incasso tramite moneta elettronica è “abbinato” alla memorizzazione e alla trasmissione dei corrispettivi al Fisco. Anche se la richiesta principale resta quella sul taglio dei costi di tenuta dei Pos e delle commissioni pagate sulle transazioni.
Sul punto anche Confprofessioni ha chiesto ai senatori «un intervento strutturale» per azzerare i costi ed evitare così che gli oneri di transizione digitale e semplificazione dei pagamenti tornino a «gravare, esclusivamente, su imprese e professionisti». Considerazioni che sembrano aver fatto breccia nei parlamentari. Tra gli emendamenti segnalati ci sono proprio modifiche per cercare di prolungare e aumentare i bonus per gli operatori economici. Il problema sarà quello di trovare le coperture: una missione che si annuncia quasi impossibile per un provvedimento che non può contare su nuove risorse.
Fonte: IlSole24Ore/StudioCataldi