La Repubblica Italiana: le ventuno madri della Costituzione
Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelsero la Repubblica e il 25 giugno si insediò l’Assemblea Costituente, composta da 556 membri, 21 dei quali donne: nove comuniste, nove democristiane, due socialiste, una del Fronte dell’Uomo Qualunque. Un’avanguardia esigua, il 3,%, ma fondamentale nella stesura della Carta: cinque di loro furono designate nella Commissione dei 75 (Maria Agamben Federici, Angela Gotelli, Nilde Iotti, Lina Merlin, Teresa Noce).
Elette il 2 giugno 1946 ma ancora avvolte nell’oblio: eppure senza le loro battaglie diversi articoli della Carta, inclusi i principi generali, sarebbero stati diversi. Tra queste le più conosciute sono Angela Guidi Cingolani la prima donna in Italia a parlare, il 1° ottobre 1945, nella prima assemblea democratica dell’Italia libera, Nilde Iotti presidentessa della Camera e moglie di Togliatti, Rita Montagnana ex moglie di Togliatti, Teresa Noce nota esponente del partito comunista e Lina Merlin autrice della legge per la chiusura delle case di tolleranza. Le altre donne della Costituente sono ai più sconosciute.
Alba de Céspedes, nota scrittrice e partigiana dell’epoca, all’indomani del voto, disse che la nascita della Repubblica era stata «discreta e sommessa». Anche la concessione del diritto di voto alle donne, il 1° febbraio 1945, fu “discreta e sommessa”, tanto che il governo dei partiti antifascisti che la decise, dimenticò di riconoscere alle donne il diritto di essere elette a rappresentare nella nuova Italia democratica il popolo sovrano. Tale diritto fu esplicitamente dichiarato il 10 marzo 1946, col decreto luogotenenziale che stabiliva le procedure per l’elezione dell’Assemblea Costituente: l’articolo 7 affermava che erano eleggibili all’Assemblea Costituente «i cittadini e cittadine italiani, che al giorno delle elezioni abbiano compiuto il 25° anno di età». Il nuovo decreto fu varato dopo che le donne politicamente impegnate, militanti nei vari partiti, avevano fatto sentire la loro voce per colmare una grave lacuna prima del referendum istituzionale e l’elezione dell’Assemblea Costituente.
Piero Calamandrei, il Capogruppo all'Assemblea Costituente del Partito d'Azione, definì la nascita della Repubblica in Italia «un miracolo della ragione».
E furono le donne a compiere un altro “miracolo della ragione” nelle prime elezioni libere dopo un quarto di secolo, le elezioni amministrative che si tennero in una prima tornata a marzo e aprile del 1946. Esse infatti smentirono clamorosamente un pregiudizio comune allora a tutti i partiti, cioè la convinzione che il voto alle donne avrebbe esteso l’astensionismo, rispetto alle ultime elezioni libere del 1921 (59 per cento) perché, mormorava il pregiudizio, le donne, che mai avevano votato, non avrebbero compreso l’importanza del voto e avrebbero disertato le urne.
Nella primavera del 1946, infatti, le donne compirono il miracolo, annientando il pregiudizio: l’affluenza alle urne superò l’8%, ma su 19.802.581 votanti, le donne furono un milione e duecentomila in più degli uomini. E furono oltre duemila le donne elette nelle amministrazioni riguardanti 5.792 comuni e 117 capoluoghi. Nelle elezioni del 2 giugno, non solo fu superata la percentuale dell’affluenza alle urne, quasi il 90 per cento, ma nelle regioni meridionali le votanti furono più numerose dei votanti. Le 21 elette alla Costituente nel 1946 erano un’avanguardia esigua, il 3,%. Ma la loro presenza, come espressione della componente femminile del popolo sovrano, era una novità assoluta, in quell’anno di novità e di svolta epocale. Molte donne però videro in quel voto il riconoscimento di tutte le loro lotte.
Donne differenti per generazione, regione, estrazione sociale, formazione, professione, ideologia, le 21 Costituenti collaborarono attivamente per rendere più democratica la costituzione della nuova Italia, conquistando alle donne la piena cittadinanza, senza più alcuna discriminazione. E spesso dovettero far fronte ai pregiudizi contro la donna, persistenti nei loro stessi colleghi di partito. «Senza le loro battaglie, diversi articoli della Costituzione, compresi i principi fondamentali, non sarebbero gli stessi», afferma Eliana Di Caro nel suo libro “Le madri della Costituzione” in cui racconta le loro storie. Il libro racconta esperienze di sacrificio, eroismo, dedizione, sofferenza, prigionia, accomunate dalla volontà di non cedere, di non arrendersi, di combattere. E sono pagine dalle quali emerge, alla fine, sia pure con tratti propriamente femminili, l’immagine di un’umanità esemplare, incarnata in persone reali. Il libro non è una raccolta idealizzante di vite parallele: racconta le vite vissute e convergenti di 21 donne che volevano realizzare, con la parità fra cittadine e cittadini, la libertà e la dignità di ogni essere umano.
''Le ventuno donne dell’Assemblea Costituente hanno un rilievo assai significativo nell’avvio dell’Italia repubblicana, sia perché sono elette la prima volta in cui le italiane sono chiamate al voto, sia perché - avendo dato un contributo fondamentale alla Resistenza - entrano a pieno titolo nel corpo legislativo che ha il compito di scrivere le regole dello Stato democratico. Senza le loro battaglie, diversi articoli della Costituzione, compresi i principi fondamentali, non sarebbero gli stessi. Eppure, queste ventuno donne non sono conosciute e ricordate come dovrebbero''.
Oggi queste ventuno donne sono dimenticate dai più. Ma le loro vite – tra la Resistenza, l’attivismo politico, le lotte sindacali, l’impegno nella scuola – parlano da sole: e per questo bisogna conoscerle.
Se oggi siamo tante in parlamento e al governo lo dobbiamo anche a quelle 21 costituenti che hanno aperto la strada e a tutte coloro che, prima di noi, si sono battute per la parità e i diritti, che non sono dati una volta per tutte ma vanno difesi e fatti vivere.
Buona Festa della Repubblica!
Fonte: Il Sole 24 Ore