Recupero crediti avvocati: il DDL per tagliare le spese di giustizia

14 April 2023 IN Attualità
Recupero crediti avvocati: il DDL per tagliare le spese di giustizia

Presentato a Palazzo Madama il 5 aprile scorso un disegno di legge per abbattere le spese di giustizia nelle procedure di recupero dei compensi dei professionisti. Alberto Balboni, Presidente della commissione affari costituzionali del Senato, ha firmato la proposta con l’intento di estendere il regime delle esenzioni e riduzioni delle spese di giustizia previsto per le controversie individuali di lavoro, ai procedimenti aventi ad oggetto il recupero di crediti riguardanti compensi o rimborsi derivanti dall'esercizio di una libera professione organizzata in ordine o collegio, entro la competenza di valore del giudice di pace.

Le premesse
Le premesse del DDL risiedono nel forte impatto della crisi economica, prodotta dalla grave congiuntura internazionale, prima il Covid e poi la guerra in Ucraina, sulle professioni che, oltre ad aumentare i costi e gli oneri anche fiscali del lavoro professionale, ha generato una progressiva crescita degli insoluti, che colpisce con sempre maggior incidenza i piccoli e medi professionisti. Per cui, il mancato pagamento del compenso "è oramai diventato un elemento che incide gravemente sul reddito di molti professionisti, i quali spesso, in assenza di liquidità, sono costretti a rinunziare al recupero del credito a causa dei costi che la procedura comporta e che non sono sostenibili per le fasce reddituali più basse del mondo professionale". 

Le motivazioni 
È la situazione descritta nella relazione di accompagnamento al nuovo disegno di legge n. 567 presentato lo scorso 5 aprile, dal Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, alla presenza anche della Presidente del Movimento Forense, Elisa Demma. Gli indicatori statistici, si legge nella relazione, evidenziano che proprio piccoli e medi professionisti sono spesso titolari di redditi inferiori a quelli dei dipendenti inquadrati ai livelli più bassi della contrattazione collettiva. Per i relatori della proposta, la colpa va attribuita oltre che alla crisi economica,  anche a certe scelte politiche del passato, che in nome del principio di libera concorrenza, hanno inciso nel mercato delle prestazioni professionali, indebolendo la figura del professionista, senza aver cura di preservare la libertà e l’indipendenza della sua funzione, che dipende in buona parte dalla dignità dei compensi economici.

Il diritto alla retribuzione
Eppure, prosegue la relazione al nuovo DDL, “il compenso per il professionista ha la stessa funzione della retribuzione per il lavoratore dipendente: quella di garantire la sopravvivenza del lavoratore”. Inoltre, i mancati incassi dei professionisti danneggiano anche l’erario, in termini di mancato incasso di IVA, IRPEF e ritenute d’acconto, dato che il principio di cassa impone al professionista il pagamento dei tributi solo sui compensi effettivamente percepiti nel periodo d’imposta, al netto delle spese sostenute. Quindi, favorire l'attività di recupero del credito del professionista sarebbe interesse non solo del lavoratore, ma anche della collettività. I minori introiti per l’erario derivanti dal mancato gettito delle spese di giustizia, verrebbero abbondantemente compensati dagli oneri fiscali sui compensi recuperati dai professionisti.

La misura in concreto
La misura consiste nell'estendere alle procedure giudiziali aventi ad oggetto il recupero del credito costituito da compenso professionale, il regime fiscale agevolato previsto per le controversie individuali di lavoro. In queste ultime, come è noto, spiega la Relazione al testo, vige il principio di gratuità delle spese processuali (articolo unico della legge n. 319 del 1958, come sostituito dall'articolo 10 della legge n. 533 del 1973), salvo che per l'onere di pagamento del contributo unificato (introdotto nel 2011 anche per tali controversie), il quale contributo tuttavia è dovuto nella misura della metà rispetto a quello previsto per le cause ordinarie, ed in ogni caso persiste l'esenzione nei confronti di coloro che risultino essere titolari di un reddito (lordo e familiare) inferiore al triplo del limite fissato per l'accesso al gratuito patrocinio (si veda l'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002).

I limiti
Il testo del DDL limita comunque l’importo dei crediti, che si potrebbero recuperare in esenzione, entro il valore di 5000 euro inclusi accessori di legge. La scelta è stata quella di circoscrivere la riduzione o esenzione del contributo unificato (artt. 9 e 13 TUSG) e l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro, e da ogni altra spesa per gli atti, i documenti e i provvedimenti (L. 319/1958) ai recuperi dei crediti più modesti che avrebbero maggiori probabilità di venire riscossi all’esito della procedura giudiziale, in modo da assicurare l’afflusso nelle casse dell’erario del correlato prelievo di cui all’aliquota di competenza.


Fonte: Altalex.it/ ntplusdiritto.ilsole24ore.it

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