Riparte la Riforma del Catasto
La riforma del catasto torna nel nuovo piano nazionale delle riforme (Pnr) che accompagnerà il Documento di economia e finanza in arrivo per il prossimo 10 aprile.
È più di un’idea quella che sarebbe maturata nelle ultime settimane tra i tecnici di via Venti Settembre: ripescare i principi della legge delega approvata due anni fa all’unanimità dal Parlamento e portare alle Camere lo schema di decreto attuativo messo a punto e poi bloccato all’ultimo da Palazzo Chigi.
Nel cantiere del Fisco ci sarebbe posto anche per la giustizia e il processo tributario.
L’idea, ventilata dall’Esecutivo per concludere il processo di revisione e allineamento delle rendite catastali ai valori di mercato, è stata accolta in modo diverso dagli operatori del settore. Da una parte quelli che chiedono la revisione anche se provocherà un aumento delle tasse, per una questione di equità. Dall’altra quelli che considerano la riforma una possibile causa di impoverimento.
In base alla bozza del decreto attuativo della Delega fiscale, mai approvato, gli immobili non sarebbero più raggruppati in categorie e classi, ma in due tipologie di fabbricati: quelli ordinari e quelli speciali. Gli appartamenti verrebbero inseriti tutti nella categoria ordinaria O/1, mentre ville, immobili signorili e artistici avrebbero una regolamentazione diversa.
Per consentire una valutazione più oggettiva, il valore degli immobili potrebbe essere determinato dalla superficie e non più dai vani. A ogni unità immobiliare sarebbe attribuita una rendita e un valore patrimoniale stimati in base alle reali caratteristiche dell’immobile e alla zona di appartenenza.
La riforma del catasto non è mai andata in porto perchè non riesce ad assicurare l'invarianza di gettito. L'aumento delle tasse potrebbe essere compensato da altre manovre fiscali, ma ci vorrebbe del tempo e questa possibilità spaventa i proprietari. D'altro canto c'è anche chi sostiene che l'aggiornamento delle rendite catastali vada comunque portato avanti per ragioni di equità. Ci sono quindi pareri discordanti.
Confedilizia, Confederazione della proprietà edilizia, alla riforma del Catasto risponde “no grazie”. Per il presidente, Giorgio Spaziani Testa, la riforma apre “uno scenario di ulteriori aumenti di tassazione sugli immobili, mascherati attraverso improbabili redistribuzioni”.
“Quella legge delega – si legge in una nota di Confedilizia - è scaduta e non è certo questo il momento per iniziare un nuovo percorso, checché ne dica la Commissione Europea. Per il settore immobiliare l’urgenza è invece una decisa riduzione di un carico fiscale che dal 2012 è stato quasi triplicato e che continua a causare danni incalcolabili a tutta l’economia: crollo dei valori, impoverimento, caduta dei consumi, desertificazione commerciale, chiusura di imprese, perdita di posti di lavoro. Dovrebbe essere questa la priorità di un Governo responsabile”.
Secondo Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA, società che si occupa della valutazione, acquisizione e dismissione del patrimonio immobiliare, "ci voleva l’ennesima bacchettata dell’Unione Europea perché tornasse alla ribalta il tema della riforma del catasto, una delle grandi incompiute dell’attuale legislatura”. Il fatto che il Governo sia intenzionato a ripercorrere la strada dell’invarianza di gettito rischia a suo avviso di far tradurre di nuovo l’operazione in un nulla di fatto.
Secondo Simoncini bisognerebbe invece procedere al più presto alla revisione delle rendite catastali per mettere fine a sperequazioni e privilegi esistenti. I Comuni dovrebbero poi essere liberi di adeguare la tassazione. Per rendere più organica la riforma, si potrebbe poi studiare una progressività delle imposte proporzionata alle disponibilità finanziarie del proprietario.
Tra le novità in arrivo anche un possibile intervento sul contenzioso. Intervento che punterebbe a ridurre i tempi delle liti: sia introducendo una rottamazione di quelle pendenti sulla falsa riga della definizione agevolata delle cartelle di Equitalia; sia elevando da 20mila a 50mila il limite della mediazione tributaria. Mediazione che potrebbe anche essere affidata alle commissioni tributarie (oggi la mediazione è gestita dalle Entrate, che comunque è parte in causa) dopo che in quelli che dovranno diventare i tribunali del fisco i giudici saranno due togati e uno laico. Allo stesso tempo il Governo potrebbe accogliere l’invito del Csm a creare una task force (una cinquantina di giudici) per smaltire l’arretrato.
Fonte Sole 24 Ore