Rischio di fornitura: qualche consiglio utile per gestirlo in modo corretto
Gli ultimi anni sono stati costellati da eventi internazionali che hanno reso sempre più problematica la gestione delle forniture, si pensi ad esempio alla pandemia, ai blocchi dei porti cinesi e del Canale di Suez, alla crisi dei semiconduttori e al conflitto in Ucraina solo per citare i più recenti. D’altra parte, le nostre aziende dipendono fortemente dai fornitori per la loro operatività, considerando che gli acquisti possono pesare fino all’80% dei ricavi, e larga parte di questi fornitori sono internazionali. Anche i fornitori nazionali a loro volta dipendono dall’estero per approvvigionarsi di materie prime e componenti, e sempre più spesso i fornitori ritardano le consegne o non riescono a soddisfare le richieste, mentre i prezzi continuano a salire.
Oggi si parla molto di reshoring, cioè di riavvicinare le fonti di approvvigionamento, quando non addirittura di internalizzare alcune attività, ma sono operazioni che richiedono tempi lunghi e investimenti considerevoli, e non sempre sono possibili, si pensi ad esempio alle materie prime disponibili solo in alcuni Paesi (come il litio per le batterie). In questo contesto, la gestione del rischio di fornitura è diventata un’attività indispensabile per sopravvivere, sapendo che il rischio non è eliminabile e non è sempre possibile prevedere che cosa succederà in futuro. L’idea è facilmente condivisibile, ma come attuarla non è per nulla scontato.
Il primo, fondamentale, passo è l’identificazione delle forniture più esposte al rischio, ovvero capire quali merceologie e quali fornitori sono più soggetti a potenziali interruzioni e quali siano le possibili fonti di incertezza. Per fare questo, il primo passo è ovviamente conoscere con precisione che cosa si acquista e da chi, identificando ad esempio i codici di acquisto per cui ci si affida ad un unico fornitore e associando a ciascun fornitore la sua localizzazione, per comprenderne l’esposizione a potenziali problemi di trasporto, doganali, di valuta, nonché dovuti ad eventuali lockdown.
Si tratta di fare un’analisi dettagliata della propria spesa, estraendo opportunamente i dati dal gestionale aziendale ed eventualmente utilizzando appositi strumenti di gestione degli acquisti. Ma questo è solo il primo passo, perché purtroppo spesso i rischi si nascondono oltre il primo livello di fornitura: ad esempio fornitori locali e affidabili possono a loro volta dipendere da fornitori di secondo livello situati dall’altra parte del mondo e da mercati molto concentrati con scarsità di offerta.
Diventa quindi necessario comprendere come si articola la catena di fornitura a monte dei fornitori di primo livello, in particolare per quelli più critici, in modo da identificare in modo più completo le fonti di rischio. Questa analisi è sicuramente più difficile della prima, perché richiede di raccogliere informazioni aggiuntive direttamente dai fornitori di primo livello, non essendo normalmente già disponibili internamente né tramite fonti pubbliche.
Le aziende medio grandi da sempre adottano sistemi di valutazione dei fornitori, i cosiddetti “vendor rating”, ma questi metodi hanno un limite, fotografano cose già successe, guardano al passato.
Oggi più che mai servono sistemi che permettono di prevenire i rischi insiti nelle micro e piccole imprese, che compongono il grosso delle filiere di fornitura.
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Fonte: IlSole24Ore/BusinessDefence