Vaccino anti-Covid: quando verranno somministrate le prime dosi e cosa ne pensano gli italiani
Secondo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, le prime dosi di vaccino anti-Covid potrebbero arrivare in Italia già all’inizio di dicembre. Un annuncio, in realtà un po’ vago, che divide la comunità scientifica, tra chi ritiene questa ipotesi inverosimile e chi, invece, sostiene che le prime dosi possano realmente arrivare quantomeno entro la fine dell’anno.
Ma l’ipotesi di un vaccino già a dicembre è davvero realistica? E Conte, quando parla di prime dosi, può davvero riferirsi all’idea che il vaccino anti-Covid venga effettivamente somministrato prima di Natale almeno a una piccola parte degli italiani?
Gli esperti sembrano divisi. Ma molti non ritengono verosimile l’ipotesi paventata da Conte. Quantomeno non l’idea che il vaccino possa effettivamente essere somministrato a importanti fette della popolazione prima del nuovo anno. Tra chi sembra essere più ottimista c’è Piero Di Lorenzo, presidente dell’Irbm di Pomezia, il quale ha spiegato che la sperimentazione terminerà a breve e che già 2-3 milioni di dosi potrebbero arrivare in Italia entro fine anno. Ma anche Di Lorenzo ha riconosciuto che per la vaccinazione di massa bisognerà aspettare l’estate 2021. Ottimista è anche Ranieri Guerra, vicedirettore generale dell’Oms, che ritiene “verosimile” un vaccino entro fine anno. Parla di possibili dosi entro quest’anno anche Walter Ricciardi, consigliere del ministero della Salute.
Ben diversa l’opinione di Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia all’università di Padova, secondo cui un vaccino entro dicembre sarebbe impossibile: “Se questo dovesse accadere sarei preoccupato perché significherebbe che il vaccino non è stato testato sul campo, sulla popolazione”, afferma. Scettico anche Guido Rasi, direttore esecutivo dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco che dovrà dare il via libera alla commercializzazione dei vaccini in Europa. Secondo lui l’ipotesi di un vaccino entro fine anno “tecnicamente è ancora possibile, ma è estremamente difficile se non improbabile. Se tutto andrà liscio potremo autorizzare i primi vaccini tra gennaio e febbraio”. In ogni caso per vedere i primi effetti delle vaccinazioni bisognerà attendere l’estate. E per un’immunità completa se ne parlerà non prima di fine anno.
Nelle ultime ore sul tema del vaccino c’è stata una previsione anche da parte delle istituzioni Ue. Da una parte il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che si augura, sulla base delle informazioni disponibili, che tra la fine dell’anno e l’inizio del prossimo “3 o 4 vaccini possano essere gradualmente disponibili”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, invece, si proietta in avanti di qualche mese e ipotizza che possano essere distribuite da 20 a 50 milioni di dosi di vaccino al mese “possibilmente da aprile”. Von der Leyen conta di arrivare all’obiettivo di almeno 700 milioni di persone vaccinate in tutto l’anno 2021.
I dubbi degli italiani
La popolazione italiana, però, è molto divisa sul tema e il 41% dei cittadini non pensa di vaccinarsi, quando sarà possibile farlo. Lo evidenzia la ricerca dell’Engage Minds HUB dell’Università Cattolica. Giovani ed anziani tra i più motivati mentre la fascia d’età media è molto dubbiosa.
Ma stando a quanto emerge dai risultati di una ricerca non tutti gli italiani credono in un vaccino anti-Coronavirus.
Secondo tale ricerca condotta su un campione di mille italiani dall’EngageMinds Hub dell’Università Cattolica, più passa il tempo e meno gli italiani sono propensi a sottoporsi a un eventuale vaccino contro il Covid-19.
I dati sono frutto dell’elaborazione di un sondaggio su un campione di mille cittadini, perfettamente rappresentativo della popolazione italiana. Ciò che emerge è che più del 48% degli intervistati si è mostrato esitante di fronte alla prospettiva futura di assumere un vaccino contro l’epidemia in corso. Un dato molto elevato, ma soprattutto in aumento rispetto a maggio. Nei primi giorni della fase 2, l’EngageMinds Hub della Cattolica aveva già posto questa domanda a un campione di italiani e nei risultati si leggeva che circa il 40,5% era contrario o indeciso a farsi vaccinare.
L’efficacia del vaccino dipenderà non solo dalla capacità degli scienziati che lo stanno mettendo a punto, ma anche dalla percentuale di persone che si sottoporrà alla vaccinazione. Purtroppo, in Italia come in tutto il mondo, è molto diffusa la cosiddetta “esitanza vaccinale”, ovvero un sentimento non necessariamente di rifiuto, quanto di diffidenza, nei confronti di un vaccino che la scienza ritiene sicuro ed efficace.
«È molto preoccupante che il numero di coloro che non intendono vaccinarsi contro Covid-19 sia elevato e in aumento» commenta la professoressa Guendalina Graffigna, docente di Psicologia dei consumi e della salute all’Università Cattolica e direttore dell’EngageMinds Hub. «Tra maggio e settembre un ulteriore 7,5% della popolazione italiana è diventato scettico o contrario alla vaccinazione, quando sappiamo che la percentuale di immunizzazione necessaria a rallentare l’epidemia è stimata attorno al 70%».
Nella ricerca non emergono differenze significative per macro-aree geografiche, anche se nel Centro-sud si registra una tendenza leggermente più accentuata verso l’esitanza: 48% al Nord ovest, 45% al Nord est; 50% sia al Centro che al Sud e Isole. Ciò che è cambiato in questi mesi – nei quali peraltro molto si è parlato di vaccinazione – è l’atteggiamento dei giovani. Tra gli under 35, infatti, la percentuale di esitanti è passata dal 34% di maggio al 49% di fine settembre con un aumento del 15%. Le altre due fasce sono rimaste più stabili, anche se si è rilevato un aumento nel numero degli esitanti over 55 (+9%, da 35 a 44%).
«La crescente esitanza nei confronti del futuro vaccino può avere diverse cause – spiega la professoressa Graffigna – ma probabilmente è legata a timori sulla sua sicurezza, anche per le modalità rapide del suo sviluppo e test. Circa un italiano su due, infatti, teme che il vaccino contro il Covid-19 potrebbe non essere testato in maniera adeguata, e solo il 22% parteciperebbe come volontario alla sperimentazione».
Fonte: Rai News/Cattolica News