Valida la notifica anche se la casella Pec è piena
Ok alla notifica dell’atto giudiziario via Pec anche se la casella del destinatario, obbligato per legge a munirsi di posta elettronica certificata, risulta piena. La ricevuta dell’operatore che attesta come nell’account del soggetto non ci sia più spazio equivale infatti all’avvenuta consegna, in quanto si tratta di evento imputabile al destinatario negligente nella gestione della propria Pec.
Questo è quanto emerge dalla recente sentenza n. 11559/2021 pubblicata dalla sezione lavoro della Cassazione.
La vicenda
Nella vicenda, il Tribunale di Varese, aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento della società datrice, proposta - tra gli altri – dal lavoratore ricorrente che aveva avanzato domanda di accertamento dell’illegittimità del licenziamento collettivo a lui intimato e di risarcimento del danno.
L’uomo ricorreva per cassazione, unitamente ad altri lavoratori, con la resistenza del fallimento intimato, ma la Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso ritenendo superato il termine di 30 giorni per impugnare il decreto del tribunale, in quanto la comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto via Pec all’indirizzo indicato nel ricorso, conclusa con un messaggio di "mancata comunicazione" per via della casella di posta elettronica piena, era da considerarsi "parimenti effettuata ed efficace".
Ricorso per revocazione
Da qui il ricorso per revocazione da parte del lavoratore che eccepisce, innanzitutto, la "svista" percettiva del collegio che non si sarebbe accorto che la comunicazione del decreto impugnato non aveva avuto luogo nella data della comunicazione a mezzo Pec, posto che lo stesso cancelliere non aveva considerato imputabile al difensore il mancato buon fine della stessa, dato che non aveva proceduto alla notifica a mezzo deposito in cancelleria ma aveva al contrario provveduto a delle nuove notifiche a mezzo Pec andate appunto a buon fine nei giorni successivi.
Inoltre, lamenta il ricorrente, che il Collegio avrebbe "dato per assodato l’erroneo dato di fatto che dopo la vana notifica a mezzo Pec, il cancelliere avesse provveduto, ai sensi dell’art. 16 del DL 179/12, alla immediata e contestuale comunicazione del medesimo decreto mediante deposito in cancelleria, anziché alla ripetizione della comunicazione a mezzo Pec il giorno lavorativo immediatamente successivo, come invece avvenuto".
Ipotesi di revocazione
Quanto alla lamentela riguardante la mancata disamina delle difese contenute nella memoria ex articolo 378 cpc nella quale si argomentava in ordine all’eccezione di tardività sollevata dal controricorrente fallimento, la Cassazione ricorda i consolidati principi della giurisprudenza di legittimità nell’interpretazione dell’ipotesi di revocazione di cui al n. 4 dell’articolo 395 c.p.c.
Invero, rammentano i giudici di piazza Cavour, tale ipotesi sussiste se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa e vi è questo errore "quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita".
Pertanto, in generale, "l’errore non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche ovvero la valutazione e l’interpretazione dei fatti storici; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata, diversa" (v. per tutte Cass. n. 14656 del 2017).
Casella Pec piena, responsabilità del destinatario
In ordine, invece alle notifiche effettuate dalla cancelleria tramite Pec la Cassazione, dopo una puntuale ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale in materia, ricorda che "La notificazione di un atto eseguita ad un soggetto, obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l’operatore attesta di avere rinvenuto la cd. casella PEC del destinatario ‘piena', da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario, per l’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi" (cfr. Cass. n. 3164/2020).
Inoltre, rincarano dal Palazzaccio, quanto alla circostanza valorizzata da parte ricorrente che denuncia come "svista percettiva" il fatto che la sentenza impugnata non avrebbe considerato "la presenza agli atti di causa" della successiva comunicazione a mezzo Pec, "il non averne accennato nella sentenza redatta con motivazione semplificata non significa certo che detto fatto sia stato negato nella sua materiale esistenza, potendo più semplicemente stare a significare che il Collegio ne ha disconosciuto la rilevanza giuridica ai fini del giudizio, come pure poteva fare coerentemente con l’assunto che la comunicazione si era già perfezionata in precedenza, per il solo fatto che la casella di posta del destinatario era risultata negligentemente satura, sicché la successiva comunicazione ben poteva, secondo tale prospettiva, essere considerata irrilevante".
D’altro canto, bacchettano infine i giudici rigettando il ricorso, stabilire il dies a quo di un’impugnazione compete al giudice e non al cancelliere, che non ha certo nella sua disponibilità il potere di differire il termine per l’impugnazione. Peraltro il cancelliere, ove avesse ritenuto che la mancata consegna del messaggio per mancanza di capienza della casella di posta fosse dovuta a causa non imputabile, avrebbe dovuto operare a norma del comma 8 dell’articolo 16, Dl n. 179/2012, convertito nella legge n. 221/2012, piuttosto che "contattare" informalmente il difensore mediante posta elettronica ordinaria per avvisarlo dell’accaduto e successivamente procedere ad un nuovo invio della comunicazione a mezzo Pec. In ogni caso, proprio in ragione di ciò, il difensore era stato tempestivamente edotto della pubblicazione del decreto e di quanto accaduto per aver tenuto satura la casella di posta elettronica ed aveva certo tutto il tempo per porre in essere una linea difensiva prudente volta a scongiurare ogni conseguenza sfavorevole per il proprio assistito.
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Fonte: Il Sole 24 Ore/Business Defence