8 marzo e parità di genere: a che punto siamo?

07 March 2025 IN Attualità
8 marzo e parità di genere: a che punto siamo?

L’8 marzo è una giornata simbolica che richiama l’attenzione sulla condizione femminile e sulle conquiste sociali ed economiche che ancora devono essere raggiunte per garantire una reale parità di genere. Se da un lato si celebra il progresso, dall’altro è necessario interrogarsi sulle profonde disparità che ancora caratterizzano il mercato del lavoro, la retribuzione e le opportunità di carriera per le donne in Italia.

 

Il divario occupazionale tra uomini e donne


I dati parlano chiaro. Nel 2023, il tasso di occupazione femminile si è fermato al 52,5%, nettamente inferiore rispetto al 70,4% maschile. Questo divario, lungi dall’essere un’anomalia, è la fotografia di un sistema che continua a penalizzare le donne nonostante la loro superiorità nei percorsi di istruzione. Il 52,6% dei diplomati e il 59,9% dei laureati sono donne, eppure questa maggior preparazione accademica non si traduce in un accesso equo a ruoli di responsabilità e a una progressione di carriera meritocratica.


Le difficoltà strutturali del mercato del lavoro


Il rendiconto di genere 2024 presentato dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps ha messo in luce numeri allarmanti che confermano le difficoltà strutturali del mercato del lavoro per le donne. Non solo l’instabilità occupazionale le colpisce in misura maggiore, ma anche la qualità dell’impiego è inferiore rispetto a quella degli uomini. Le assunzioni femminili nel 2023 hanno rappresentato solo il 42,3% del totale e, nella maggior parte dei casi, si tratta di contratti a termine. Solo il 18% delle donne assunte ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato, mentre per gli uomini la percentuale è stata del 22,6%. Ancora più significativo è il dato relativo al lavoro part-time: il 66,4% delle lavoratrici è impiegato in questa modalità, con un 15,6% di part-time involontario, a fronte di un 5,1% per gli uomini.


Il gender pay gap e le prospettive pensionistiche


Il gap salariale rimane un’altra ferita aperta. In alcuni settori, la differenza retributiva tra uomini e donne supera i 20 punti percentuali, un divario che si amplifica ulteriormente nelle posizioni dirigenziali. Solo il 21,1% dei dirigenti è donna e tra i quadri la percentuale è del 32,4%. Queste disuguaglianze non solo condizionano il presente lavorativo delle donne, ma si ripercuotono anche sulle loro future pensioni. Pur essendo numericamente superiori tra i beneficiari delle pensioni (7,9 milioni contro 7,3 milioni di uomini), le donne ricevono assegni significativamente più bassi. Nel settore privato, l’importo medio delle pensioni di anzianità e di invalidità per le donne è inferiore rispettivamente del 25,5% e del 32% rispetto a quello degli uomini, mentre per le pensioni di vecchiaia la differenza si amplia al 44,1%.


Il peso della gestione familiare e il circolo vizioso della disparità


Un altro elemento cruciale è il peso che le donne continuano a sostenere nella gestione familiare. Il numero di domande di congedo parentale presentate nel 2023 evidenzia un’asimmetria evidente: 14,4 milioni di richieste provenivano da donne, mentre gli uomini si sono fermati a 2,1 milioni. Questo dato dimostra come il carico di cura sia ancora prevalentemente sulle spalle femminili, limitando le possibilità di crescita professionale e aumentando il rischio di interruzioni di carriera. Ma c’è un altro lato della medaglia spesso trascurato: gli uomini, nella maggior parte dei casi, non hanno nemmeno la possibilità di sostituire le donne nella gestione familiare. Le aziende e le istituzioni non incentivano il congedo parentale maschile e la cultura lavorativa continua a scoraggiare la loro partecipazione attiva in ambito domestico. Questo crea un circolo vizioso che penalizza sia le donne, costrette a farsi carico della famiglia, sia gli uomini, ai quali viene preclusa un’equa ripartizione delle responsabilità.


La necessità di politiche concrete per la parità di genere

 

Di fronte a questa realtà, appare chiaro che non bastano le celebrazioni e le parole di incoraggiamento. Servono politiche concrete che favoriscano la parità di genere nel mercato del lavoro, incentivando l’occupazione stabile, il superamento del gender pay gap e una maggiore equa distribuzione dei carichi familiari. Come sottolineato dal presidente del Civ Inps, Roberto Ghiselli, la sfida è complessa e riguarda molteplici aspetti: il mercato del lavoro, i modelli organizzativi, la rete dei servizi, la dimensione familiare e la cultura stessa. È necessaria la responsabilità condivisa di istituzioni, politica e associazioni per garantire che i progressi, ancora troppo lenti, possano diventare cambiamenti strutturali e duraturi.


L’8 marzo: un punto di svolta per il futuro?


L’8 marzo deve essere un’occasione di riflessione e azione. Non si tratta solo di celebrare le donne, ma di riconoscere che la piena valorizzazione delle loro competenze e del loro lavoro è un investimento per l’intera società. Senza una reale parità di genere, il potenziale del Paese resta inespresso e le disuguaglianze continueranno a pesare sulle generazioni future. L’impegno collettivo deve essere quello di trasformare questa giornata in un punto di svolta per un cambiamento concreto e tangibile.


BD Business Defence e l'impegno per la Parità di Genere


Garantire pari opportunità nel mondo del lavoro non è solo una questione di equità, ma un valore strategico per la crescita delle aziende e della società. Un passo concreto in questa direzione è rappresentato dalla Certificazione per la Parità di Genere, rilasciata da enti indipendenti, che attesta il rispetto di standard specifici in termini di retribuzione, crescita professionale, condizioni di lavoro e politiche aziendali inclusive.
 

BD Business Defence ha ottenuto questa certificazione, a conferma del proprio impegno nel promuovere un ambiente di lavoro equo e rispettoso. Questo riconoscimento non è solo un traguardo, ma un punto di partenza per rafforzare una cultura aziendale inclusiva, migliorare la qualità dell'occupazione, tutelare la genitorialità e incentivare politiche di trasparenza e responsabilità sociale.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore
 

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